Alessandro Bavari “Le Città Invisibili” A.I. Project
Affidarsi all’Intelligenza Artificiale è come sussurrare frasi e parole di origine dadaista a un grande orecchio algoritmico, aspettando che produca qualcosa di inaspettato e sorprendentemente onirico. È quindi un viaggio psichedelico che oscilla tra la dimensione mistica e quella matematica, dove l’intenso scambio simbiotico tra immaginazione individuale e rete neurale dell’A.I. assume forme a volte del tutto realistiche, ma anche, al contrario, libere da qualsiasi sovrastruttura estetica, capaci di fondere l’accademismo classico con il caos pop del web e le conseguenze degli errori di calcolo.
Il risultato è spesso del tutto irrazionale e imprevedibile, privo di un processo logico, e finisce per definire un nuovo metodo e una nuova estetica figurativa.
In conclusione, parafrasando una frase di Orson Welles, l’A.I. è molto più di un generatore di visioni: è un mezzo attraverso cui le immagini ci raggiungono da un altro mondo.
Affidarsi all’Intelligenza Artificiale è come sussurrare frasi e parole di origine dadaista a un grande orecchio algoritmico, aspettando che produca qualcosa di inaspettato e sorprendentemente onirico. È quindi un viaggio psichedelico che oscilla tra la dimensione mistica e quella matematica, dove l’intenso scambio simbiotico tra immaginazione individuale e rete neurale dell’A.I. assume forme a volte del tutto realistiche, ma anche, al contrario, libere da qualsiasi sovrastruttura estetica, capaci di fondere l’accademismo classico con il caos pop del web e le conseguenze degli errori di calcolo.
Il risultato è spesso del tutto irrazionale e imprevedibile, privo di un processo logico, e finisce per definire un nuovo metodo e una nuova estetica figurativa.
In conclusione, parafrasando una frase di Orson Welles, l’A.I. è molto più di un generatore di visioni: è un mezzo attraverso cui le immagini ci raggiungono da un altro mondo.